venerdì 10 aprile 2015

Riflessioni del venerdì

La dote del saper ascoltare e tanto rara nelle persone.
Tu parli dei tuoi problemi e loro dopo pochi minuti che ti ascoltano ti dicono “ma lo sai che anche a me successo? Ma lo sai invece cosa mi ha detto quello?” e così inevitabilmente riportano la conversazione su se stessi lasciando poco spazio al tuo bisogno di sfogarti.
Avrei tanto bisogno di sfogarmi in questo periodo storico della mia vita dove tutto è così o bianco o nero. Felicità e progetti vs. tristezza e autodistruzione.
Un periodo in cui tutto dovrebbe essere a mille mi ritrovo a trascinarmi mentalmente e fisicamente da una parte all’altra delle mie giornate senza poi concludere nulla di buono.
Mi trovo a rimandare tutto e a poi essere sopraffatta dagli impegni.
Non ho lo stimolo per cucinare, per scrivere, per fare tutte quelle cose che vorrei fare ma che stanno li nei cassettini della mia testa. Grandi cose e idee che rimangono li latenti sempre convinta che altri le sappiano fare meglio.
Mi rendo conto anche nella mia postura che anziché essere rilassata e aperta è contratta e chiusa a riccio per difendermi dagli attacchi esterni.
Mi lamento sempre di tutto e tutti, sono diventata polemica e anche un po’ acidella, nervosa se in ufficio viene detta una cosa al posto di un’altra.
Cerco negli occhi e nel profumo dei bimbi la serenità e la trovo, la notte quando si infilano nel lettone e li abbraccio e li bacio e mi aggrappo ai loro piedini.
Tutta la giornata dovrebbe passare così abbracciando e baciando le persone che ami perché solo un’ora di distanza è troppa.
Perché la paura di perderli è forte ma la montagna che bisogna scalare per evitare di perderli è talmente alta che ti scoraggi solo a vederla, allora stai ferma li al campo base pensando ad una strada alternativa o pensando che prima o poi la montagna si sgretolerà e la strada si appianerà ma forse quel giorno è troppo lontano e senza rendertene conto tutto ti sfugge dalle mani e tu stai li a guardare la sabbia che anziché diventare un castello vola via nel vento.
Capisco che uno dei miei difetti principale è il sapermi lamentare, lo so fare benissimo, anche quando corro..mi lamento che sono stanca, che mi fanno male le gambe del caldo/freddo/afa/vento poi vado avanti e tra un lamento e l’altro qualche km lo macino ancora. A volte vorrei riuscire a correre così veloce da spazzare via i pensieri, le malinconie, come quando da bambina correvo a capofitto giu dalla collina e nella pancia le risate per il vento sulla faccia e nella testa la paura di cadere nell’erba.
Perché quando cresciamo dimentichiamo di assaporare queste sensazioni e ci facciamo prendere solo dall’idea di cadere e così rinunciamo a correre?
Forse bisognerebbe non crescere mai.


ndr: questo post è stato scritto di getto, nessuna tastiera è stata maltrattata ma forse la grammatica ne ha un po' risentito





2 commenti:

Paola ha detto...

In effetti dovremmo ogni giorno prenderci un po' di tempo per tornare bambini, fregandocene di tutto e tutti, tanto la vita va avanti ugualmente come vuole andare, almeno noi guadagneremmo qualche momento di serenità

Violetta ha detto...

Io credo che crescere e prenderne coscienza sia fondamentale... a lamentarmi non sono brava (e quindi nessuno si accorge quando sono a pezzi) ma crescendo ho imparato a riconoscere i miei limiti fisici e mentali e a darmi ascolto. Ci vuole tempo e fatica e desiderio di volere arrivare da qualche parte ma poi ci si riesce...:)